E’ online sul canale YouTube di ImagoZero il video integrale del Photo Talk di Venerdì 17 Aprile scorso con lo street photographer Davide Bergamini!
Ringraziamo di cuore Davide per la disponibilità e per aver condiviso con noi il suo progetto ” Sixty Minutes”, raccontandoci il suo personale modo di vivere la fotografia come un appuntamento quotidiano, proprio durante i 60 minuti di pausa pranzo.
“Sixty Minutes” è diventato anche una pubblicazione, che potrete acquistare su Amazon o contattando @davidebgm in Direct Message su Instagram!
Lo scorso 21 Dicembre il Museo Diocesano di Catania ha ospitato la prima edizione di PHŌTÓS – Sicily’s Photo Exhib, manifestazione voluta al culmine delle attività 2019 dell’associzione culturale ImagoZero per condividere la Passione per l’Arte Fotografica.
Questo anno di attività non poteva chiudersi al meglio, con il talk del fotografo catanese Alessio Mamo e con le due collettive fotografiche, _graphìa e Con Nuovi Occhi, che hanno mostrato, rispettivamente, le opere dei soci e dei corsisti dell’appena concluso Corso Base di Fotografia.
Ripercorriamo lo svolgimento di quella che, ai nostri occhi, rimarrà una serata indimenticabile.
Dialogo con Alessio Mamo: la voce delle crisi migratorie nel mondo
Nell’incontro dal titolo “Dalla Sicilia al Medio Oriente: diario di un fotoreporter”, moderato da uno dei membri fondatori di Imago, Daniele Musso, abbiamo assistito a un grande e partecipato momento di condivisione su temi e argomenti legati all’attualità più perturbante e dolorosa.
L’ospite del Talk è stato, come anticipato, Alessio Mamo, fotografo freelance catanese vincitore del World Press Photo 2018, con il 2° premio nella Categoria Persone.
A fare da controcanto alle immagini di Mamo, le parole della giornalista palermitana Marta Bellingreri, compagnia dei viaggi e messaggero dei racconti visivi del fotoreporter ed il fotografo catanese Antonio Parrinello, che con Mamo ha condiviso intensi momenti di fotografia.
Al centro del dibattito l’elemento portante è stato l’essere umano. Una sorta di viaggio, parafrasando Proust, alla “recherche” dell’umanità perduta.
Mamo, Bellingreri e Parrinello hanno dato vita a un incontro emozionante, intenso e toccante, fornendo un’impressionante apologia in difesa del “mondo offeso” di Vittoriniana memoria: dove i figli delle barbarie non siamo più noi, ma i “dannati della Terra”.
La narrazione fotografica dei nostri cronisti ci ha mostrato l’esodo, il dolore e le sofferenze di uomini, donne e bambini che migrano o che vivono in terre devastate da conflitti che non hanno né voluto né deciso, ma anche la speranza che cresce con l’arrivo alla meta o quella che brilla negli occhi dei bambini durante un percorso di guarigione.
A partire dalle immagini della nostra Sicilia, meta finale e allo stesso tempo Golgŏtha di persone disperate che fuggono dalle tragedie della loro quotidianità.
Passando per la decisione di intraprendere il sentiero dei migranti per vivere sulla propria pelle ciò che hanno udito raccontare ai superstiti. E così ci è stata raccontata una via crucis che parte dalla Turchia, passando per le isole più lontane della Grecia per finire attraverso le zone interne di Macedonia, Serbia, Croazia e chiudere il proprio viaggio all’interno dell’Europa cosiddetta “civile”.
Per giungere alle zone devastate dall’ISIS in Siria e in Iraq: Mamo e i suoi compagni di viaggio ci hanno introdotto ai confini del mondo pacificato, senza alcun sensazionalismo e con la semplice voglia di raccontare con sensibilità il dramma umano, spesso dimenticato dall’informazione.
Le immagini di Mamo raccontano tanto: e per le nostre coscienze sopite e intorpidite, forse, raccontano troppo.
Ma non è forse questo che può salvarci da una tragica impassibilità?
“Se devi raccontare una storia la devi vivere appieno”: questa è la chiosa di Alessio Mamo. Ma rappresenta in estrema sintesi anche la sua missione e quella di Marta Bellingreri: dare voce, che sia per immagini o per parole, a chi non ha voce, agli invisibili nel mondo che vogliono soltanto appellarsi al proprio diritto alla vita.
Le mostre di soci e corsisti ImagoZero
A fare rispettosamente da cornice all’emozionante incontro con il fotoreporter conterraneo, l’esperienza del Team ImagoZero, con due collettive fotografiche: la prima edizione di _graphìa, collage di immagini offerte dai soci ImagoZero e la seconda edizione di Con Nuovi Occhi, che ha ripetuto il fortunato esperimento dello scorso Maggio con gli scatti degli allievi del “Corso base di Fotografia Autunno 2019”.
Ad esporre sono stati complessivamente 20 soci e 19 corsisti, con quasi 80 opere in mostra.
Soci e corsisti hanno voluto raccontare la propria visione del mondo al pubblico presente al Museo Diocesano con immagini che spaziavano dal colore al bianco e nero, dal ritratto alla Street Photography, da sempre leitmotiv della fotografia targata ImagoZero, donando visioni mature affiancate a visioni di chi, anche fotografando per la prima volta, ha già compreso i fondamentali per far parte della schiera dei fotografi del domani.
Anche questa volta ImagoZero ha colto l’occasione per far conoscere le attività associative e ringraziare chi ha attivamente partecipato a questi intensi mesi di attività creativa, con la consegna degli attestati a tutti i partecipanti ai corsi autunnali di Fotografia, il Corso Base ed il Corso Avanzato.
Un’altra serata emozionante e indimenticabile per l’associazione e, speriamo, per tutti coloro che vi hanno preso parte.
Non finisce ovviamente qui. Il nuovo anno è appena iniziato e sono già pronte nuove sorprese e nuove iniziative.
Pertanto, ancora una volta, un arrivederci alle prossime attività di ImagoZero!
Intermedialità. Un
concetto che ben esemplifica il dialogo tra media
diversi (che abbiamo già trattato nel nostro
articolo su Agnès Varda, a cavallo tra cinema e fotografia).
Un’intersezione che non si ferma a singole opere d’arte ma
che trova la sua piena espressione in veri e propri universi che, alle volte,
sembrano correre a velocità parecchio diverse.
Nel caso specifico parliamo di come la concettualità di
certa fotografia, di certe immagini “immobili”, trova un suo corrispettivo in
un’arte dinamica e veloce come quella del videoclip
e del video-making.
Ed è proprio questo il fulcro dell’incontro avvenuto martedì 16 aprile per la serie degli Imago
Talk con il collettivo artistico catanese Ground’s Oranges.
Ground’s Oranges:
potere all’immaginazione visiva
Artisti poliedrici, originali ed innovativi, questi
“videografi” rispondono al nome di Salvo
“Zavvo” Nicolosi, Jacopo Saccà, Marco Riscica, Dimitri Di Noto e Riccardo Nicolosi.
Lo scopo di questo progetto è dare adito alla propria libertà espressiva grazie a
un’azzeccata concatenazione di immagini e concetti sdoganati dalla mera
convenzionalità.
E soprattutto senza
mai scadere nel banale o nello scontato: una ricerca artistica che non si
prende mai troppo sul serio ma che punta a rivelare, attraverso il fluire di
questo vortice di immagini in movimento, lo spirito più autentico di ciascuno
dei membri di questa squadra.
I Ground’s Oranges
trasudano di questa follia semiseria in tutti i video da loro creati, di cui
citiamo solo qualche esempio, tra quelli visti durante la bella e piacevole
serata.
Come sdoganare un
funerale
Si pensi alla genialata del “Pre-funerale di Luigi Virgillito”(2013): vale a dire un condensato di parodia e di sberleffo a una certa cultura popolare legata ai cosidetti “pre-matrimoni”, “pre-battesimi”, ma soprattutto ai tanto ostracizzati “pre-diciottesimi”.
In un’overdose di colore che si pone in aperta antitesi con
l’atmosfera “funebre” tradizionale siciliana, questa breve ma piccola perla
quasi nonsense, con ammiccamenti ad una mimica vicina al cinema di Ciprì e Maresco, spazza via decenni di
tabù su argomenti quasi intoccabili per la “sicilianità” come la morte e il
funerale.
Questo è solo un sintomo della originalità e della
ricercatezza delle loro creazioni.
Indie(gesto)
I Ground’s Oranges sono anche riusciti nel loro intento di dissacrare
un certo ambito “indie” tanto acclamato dalle folle di pseudo-intellettuali in
cerca di idoli vuoti a cui (fintamente) ispirarsi.
Basterebbe guardare il loro videoclip originale dal titolo “Stuff Pick” (2014), in cui prendono in giro certo atteggiarsi ad hipster e radical chic da tastiera, dove le citazioni a registi e artisti celebri per pura moda e senza alcun filo logico la fanno da padrona (basti citare a titolo esemplificativo David Lynch e Wes Anderson).
O forse uno dei parti più fenomenali degli ultimi anni, vale
a dire la creazione dal nulla di un artista indie che è bello ed emblematico
proprio perché in realtà non esiste: il beniamino delle folle Cambogia.
Per loro stessa dichiarazione: metti giù un tizio un po’
belloccio, un testo che è di una banalità sconcertante e una melodia
orecchiabile. E il gioco è fatto.
Ed il videoclip de “Il mare non è niente di speciale” (2017) è la sintesi di questo progetto creativo che per un anno è stato davvero preso sul serio e considerato un artista rivoluzionario da critici musicali e ascoltatori.
Queste creazioni ben esemplificano la voglia di buttare giù
i pilastri del “partito preso”. Perché l’arte è bella anche senza per forza
ambire a un aulico che in realtà non è altro che qualcosa di poco sincero. Di
“artefatto” e non “fatto di arte”, per l’appunto.
La musica e il potere
delle immagini
Nell’ambito della loro libertà espressiva, tuttavia, i Ground’s Oranges non disdegnano di sviluppare
progetti per artisti anche appartenenti allo scenario Indie.
Il compromesso “storico” del collettivo è comunque quello di
non barattare mai la propria autonomia artistica in nome della “commissione”.
E questa voglia di anteporre la propria indole viene fuori
in tutte le loro collaborazioni artistiche con artisti di caratura nazionale
come Baustelle, Zen Circus, Maldestro, Colapesce, Gazzelle e altri ancora.
Le produzioni visive, poi sono delle vere chicche: dalle atmosfere volutamente “britpop” di Meglio Così di Gazzelle (2017); passando dall’incarnazione più pura della sicilianità totale di Spine di Maldestro(2018); per arrivare allo sfondamento dei tabù dell’omosessualità dell’Italia benpensante in L’Altra Guancia(2015) e dell’Islam in Maometto a Milano (2017), entrambi videoclip girati per brani di Colapesce.
E menzione a parte meritano due videoclip in particolare.
Il primo, interpretato da un ispiratissimo Corrado Fortuna, è il pastiche pseudo-satanista del video per GIORNI BUONI di Dimartino (2019) dove atmosfere simboliche ed evocative fanno da sfondo a una carnale e lancinante storia passionale.
Un incalzare di inquadrature e di immagini che ben
rimembrano certo cinema di Alejandro
Jodorowski (e sono i ragazzi stessi a dichiarare la propria ispirazione per
alcuni loro video a pellicole come El Topo).
Ed infine a uno dei punti più alti (perlomeno a parere di
chi scrive).
Vale a dire al videoclip di Catene (2018) degli Zen Circus. Uno storytelling visivo che ben si adatta e amalgama alla penna nichilista e corrosiva del front-man della band Andrea Appino.
Girato anche, tra le altre location, in una villa Bellini a Catania stupendamente vuota, il video è la fusione di passato,
presente e futuro a uno schiocco di dita dalla morte.
In una serie di immagini che si susseguono scocca la
fugacità dell’esistenza: tra finzione e reale, tra palcoscenico e vita vissuta,
tra demoni interiori e disillusioni esteriori.
E sebbene i ragazzi del collettivo stesso respingano un
approccio toccante a questo video si può anche ammettere, senza sfociare nel
mero sentimentalismo, che qualche corda importante dell’anima sia stata
toccata.
Arte come
divertimento
Le creazioni di questo collettivo “anarchico” e “illuminato”
sono dunque autentiche, evocative e irriverenti.
E tutto questo, per loro stessa dichiarazione, non lo fanno
per adeguarsi al mercato, per fare soldi o per sbarcare il lunario.
Questi giovani ragazzi sono infatti “costretti” a fare altri
lavori per “sostentarsi”.
Ciò nonostante, il messaggio più lampante che possiamo
desumere da questo incontro è che l’arte, se autentica, non deve scendere a
patti con “mammona”.
Altrimenti basterebbe produrre dei videoclip spazzatura per
il pop, il neomelodico o la trap.
Una filosofia che ci piacerebbe riassumere in: “Non al denaro, non all’amore, né al cielo”.
Ma solo perché ci si diverte.
L’Associazione ImagoZero oggi lo festeggia con alcune immagini del primo IMAGOphotoTALK, una nuova serie di incontri gratuiti di cultura fotografica!
Perchè?!
Beh! Di motivi ne abbiamo tanti!
Pochi giorni fa abbiamo ospitato con enorme piacere una bravissima fotografa catanese, che ha un nome perfetto per l’occasione! Durante due intense ed interessantissime ore di talk, Valentina Di Mauro ci ha presentato il suo lavoro, le sue ricerche e raccontato la sua passione per la fotografia; ci ha mostrato come racconta con le sue immagini le storie ed i sentimenti e ci ha fatto innamorare del suo modo di vedere il mondo attraverso l’obiettivo! Più amore di così…!
Valentina si presenta così:
“Volevo fare la fotografa / Faccio la fotografa.
Mi sono laureata in fotografia a Catania.
Vado in giro quasi sempre vestita di nero e con i capelli regolarmente scompigliati. Da 10 anni fotografo storie, di matrimonio, di famiglia, di strada, di gente che conosco e di gente che non ho mai visto. Fotografo facce, sentimenti, roba che quasi mi commuove e roba che mi fa ridere, attimi di vita vera.
Rovisto nell’ordinario per cercare tutto lo straordinario che mi serve per stupirmi della vita, degli affetti, dei legami.
Tutta la mia vita ruota attorno alle parole: fotografia, postproduzione, mostre fotografiche, libri di fotografia, viaggi fotografici, instagram, cinema.”