A Palermo con Ferdinando Scianna, Franco Zecchin e Letizia Battaglia

Il 7 Aprile 2019 è stata una di quelle classiche date che, per i corsisti, i soci e tutto lo staff di ImagoZero Catania, difficilmente potrà essere cancellata dalla memoria.

In un trittico che definire delle meraviglie sarebbe dire poco, l’allegra compagnia di insegnanti e di aspiranti fotografi hanno potuto apprezzare tre stupendi momenti per una giornata assolutamente indimenticabile.

Tre momenti vissuti nella suggestiva cornice di Palermo che, qui di seguito, vogliamo a grandi linee descrivere. Così da poter ipoteticamente comunicare ai lettori quali meraviglie hanno potuto guardare oggi i nostri increduli ed emozionati occhi.

La mostra di Ferdinando Scianna

Ad aprire le danze è stata la mostra dal titolo “Viaggio Racconto Memoria” dedicata ad uno dei fotografi più celebri ancora viventi, che tutto il mondo ci invidia: Ferdinando Scianna.

Il fotografo isolano – reporter di fama e noto membro della Magnum Photos – ci illustra con il suo eccezionale bianco e nero la propria concezione del medium fotografico: uno sguardo a 360° sul mondo che ci circonda.

Ed è questo viaggiare incessante il fulcro della sua opera: un viaggio che è più un iter della mente che fisico.

La mostra, infatti, è sapientemente divisa per vere e proprie mappe concettuali.

Si parte da un viaggio nella memoria, alla ricerca di un’isola che non c’è (più) come quella Sicilia perduta, quasi dimenticata in ricordi che hanno un gusto dolce-amaro. All’insegna di una melanconia per una tradizione che sta scomparendo, sommersa da un eterno presentismo.

Per poi passare verso altri mondi: come ne sono testimonianza i suoi viaggi negli Stati Uniti, metà da lui particolarmente gradite perché fornisce spicchi di realtà che tutti conosciamo, ma che non smettono mai di sorprenderci.

O il suo viaggio verso il “mondo offeso”, citando Vittorini: un viaggio nella sofferenza, nella fame e nei patimenti di luoghi e persone feriti da guerre, epidemie e migrazioni di massa.

Una via crucis nei meandri del dolore che attraversa nazioni come il Libano, l’India, l’Etiopia fino ad arrivare al dramma dei profughi albanesi negli anni ’90.

O ancora il suo rapporto di simbiosi con le ombre: uno strumento per Scianna indispensabile per scrivere con la luce. Ma anche per disegnare ed evidenziare concetti ed emozioni con la sua mano fotografica, diretto prolungamento della sua anima.

E, infine – ma tante altre sotto-trame non mancherebbero – il suo rapporto con gli altri artisti e con il mondo dello spettacolo, finemente narrato dalla bellezza dei suoi ritratti.

Si va dall’affresco “familiare” all’amico e compagno di mille viaggi, Leonardo Sciascia; agli scatti dedicati ad altri maestri della fotografia mondiale come Henri Cartier-Bresson e Jacques Henri Lartigue; per chiudere con l’incontro folgorante con la modella Marpessa, che verrà magistralmente incastonata come una gemma tra le gemme, tra le bellezze e le strade siciliane. All’insegna, in parole povere, di un concetto di “moda” scarno ed essenziale, totalmente privo di patina.

La mostra, in conclusione, è uno spettacolo visivo in cui è concentrata una parte significativa di un’attività prolifica, incessante e mai doma da decenni.

E dalla voce “in carne ed ossa” di Scianna siamo guidati dall’inizio alla fine. Le audio-guide sono come Virgilio e Beatrice per Dante: una voce che ci porta dai meandri dell’Inferno in Terra a mirar le “stelle”. Che queste stelle siano quelle dello spettacolo e non astri celesti, beh, poco importa.

La mostra “Viaggio Racconto Memoria” è esposta al GAM – Galleria d’arte Moderna “Empedocle-Restivo” di Palermo, fino al 28 luglio 2019.

La mostra di Franco Zecchin

Il secondo appuntamento di giornata, non meno emozionalmente intenso, si è svolto (come anche il terzo) al Centro Internazionale di Fotografia, dove la troupe dell’associazione ha avuto il piacere di vedere la mostra, dal titolo “Continente Sicilia” dedicata al fotografo Franco Zecchin.

Fotoreporter che della Sicilia ha fatto il suo vero e proprio “Teatro di guerra”.

Al centro dei suoi scatti, infatti, ci sono le persone che, nel bene o nel male, hanno segnato la storia recente della nostra Isola, bella e maledetta.

Fotografie che spesso “si macchiano” del sangue dei vincitori e dei vinti, a descrivere quel conflitto armato scatenato dalle Mafie senza lasciare nulla all’immaginazione: col coraggio e con la durezza di un pugno allo stomaco veniamo trascinati tra le scene degli omicidi “eccellenti” degli uomini di Stato e della “gente di rispetto”.

Intervallando questo bagaglio di orrori con scene di vita quotidiana, manifestazioni di protesta contro le basi missilistiche, feste paesane e angoli di ospedali psichiatrici. Il tutto in nome della pura e semplice verità.

Questa verità che si trova, si, annaspando tra i corpi senza vita e tra le macerie degli attentati dinamitardi: senza però dimenticare questi martiri come erano da vivi.

Perché il messaggio è chiaro: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici e Cesare Terranova non sono dei santini da esibire quando serve.

La mostra “Continente Sicilia” di Franco Zecchin è visitabile fino al 16 Giugno all’interno dei locali del Centro Internazionale di Fotografia di Palermo.

L’incontro con Letizia Battaglia

Infine l’episodio conclusivo – ma di certo non meno importante della giornata – è stato dedicato all’incontro con la direttrice del Centro Internazionale di Fotografia, vale a dire la fotografa Letizia Battaglia.

Una donna che, dall’alto dei suoi 84 anni, ha le idee assolutamente chiare sul mondo della fotografia e sulla lezione da impartire ad amatori ed aspiranti professionisti, che gli attenti interlocutori hanno assorbito dalla prima all’ultima parola.

La fotografa ha parlato degli anni bui della Sicilia preda della morsa mafiosa, quando con estremo coraggio sfidò l’omertà della città, grazie all’esibizione pubblica delle immagini dei morti ammazzati per strada. Un atto di coraggio che non esiterebbe a rifare, se necessario, anche alla sua veneranda età.

Ha descritto anche le sue esperienze professionali: citando come uno dei suoi punti di riferimento il fotografo ceco Josef Koudelka.

Un artista che ha fatto della macchina fotografica il suo credo di vita, la sua missione: senza scendere mai a nessun compromesso con il mercato e con gli editori, rinnegando il profitto economico per la piena tutela della sua libertà espressiva.

E la Battaglia condivide questo spirito anticonformista: a tutela di una concezione dell’artista che possa essere premiato per i propri meriti, senza divenir mero pasto per i salotti borghesi dell’arte fine a sé stessa.

Infine, ha esortato i giovani amatori a tirare fuori dai propri scatti ciò che realmente si ha dentro: per una fotografia che scuota veramente, che riesca a sconfiggere definitivamente la cecità e l’anestesia visiva alle immagini delle quali siamo quotidianamente vittime.

Concludiamo rispondendo con entusiasmo a questa esortazione: ribadendo che l’associazione ImagoZero non potrà facilmente dimenticare questa giornata.

Così tanto piena e allo stesso tempo così tanto bella da essere volata via come il più fugace degli attimi.

Breve e intensa come il più riuscito degli scatti.

Simone Bellitto

Agnès Varda: una vita tra Fotografia e Cinema

Agnès Varda, © Cortesía de FICG 25 / Oscar Delgado , 2010

Reportage, cinema e fotografia non sono compartimenti stagni. Anzi, spesso e volentieri sono ambiti che si intrecciano in modo molto proficuo, generando un valore aggiunto ad opere d’arte che già singolarmente hanno un contenuto formale ed estetico molto elevato.

Non sono rari i casi di grandi registi che hanno avuto rapporti proficui con più media: basti pensare ai fortunati esordi fotografici di Stanley Kubrick.

O il talento spiccato di Wim Wenders nel barcamenarsi in maniera autorevole tra un’arte e l’altra (basti pensare a quel capolavoro assoluto di “cinema sulla fotografia” che è Il Sale della Terra, dedicato al grande Sebastião Salgado).

Uno di questi grandi artisti, figli allo stesso modo di macchina fotografica e cinepresa, ci ha purtroppo recentemente lasciati, esattamente il 29 marzo 2019.

Parliamo della regista, e fotografa francese Agnès Varda.

Un’abile documentarista

La Varda era soprattutto nota nel campo del Cinema, spesso per essere stata accostata alla Nouvelle Vague, uno dei movimenti cinematografici più conosciuti della cinematografia francese.

È stata soprattutto un’abile documentarista e autrice di film spesso a metà tra finzione e realtà: ha girato all’incirca una decina di pellicole tra lungometraggi, corti e documentari veri e propri.

Nel 2018, tributo a una grande carriera, le è stato anche assegnato l’Oscar alla carriera.

La passione per la fotografia

Un po’ meno nota, ma di certo non di inferiore qualità, è stata la sua attività di fotografa in giro per il mondo.

Lo stesso sguardo rigorosamente analitico che troviamo nella sua opera documentaristica è sicuramente riscontrabile nella sua opera fotografica.

Nei suoi viaggi in terre spesso molto lontane, sia fisicamente che mentalmente distanti dal nostro Occidente, Agnès Varda immortala persone e situazioni senza compassione, patimento o enfasi non necessarie.

Inquadrando, nell’angolo di mondo congelato dai suoi scatti, soltanto attimi di realtà, vita vissuta.

Come nei suoi reportage ambientati nella Cina maoista o nella Cuba di Castro.

Nel primo caso la fotografa si recò in Estremo Oriente nel 1957, all’interno di una vera e propria “missione” diplomatica, assieme ad alcuni ambasciatori francesi, per documentare la vita nel paese.

Cina, 1957 – © Agnès Varda

Sono scatti che rappresentano la gente comune, la vita quotidiana, le famiglie e gli operai di una società di certo in fermento, alle prese con un’industrializzazione (forzata) che tristemente di lì a poco avrebbe dato amari frutti.

La Varda, molto lontana dall’operare una mera mitizzazione del regime, lascia che sia la macchina fotografica a descrivere situazioni e cose al posto delle parole.

Lo stesso discorso vale per il suo viaggio personale a Cuba, nel 1963, dove la vitalità del popolo ispanico, fresco di rivoluzione ed in pieno scontro aperto con i vicini a stelle e strisce, colpisce il suo occhio.

Cuba, 1963 – © Agnès Varda

E dai suoi occhi questo eterno movimento di persone in cerca di libertà finirà per impressionarsi nei suoi scatti: i giovani, la musica e le lotte per l’uguaglianza emergono in una società che, nel suo essere contraddittoria, genera un’interessante soggetto da mettere a fuoco.

Anche qui la Varda tenta di non lasciarsi abbagliare dal clamore mediatico sorto attorno alla giovane repubblica: più che le pose di Castro le interessa guardare il popolo, la gente.

Fare il ritratto ad una società, quella degli anni ’60, che sta per cambiare in ogni angolo del pianeta.

Un legame indissolubile

Anche quando deciderà di dare maggiore propensione alla sua attività cinematografica, Agnès Varda sarà sempre legata in modo indissolubile alla fotografia.

Un tributo al dagherrotipo che la cineasta non dimenticherà di citare neanche nei suoi film.

Vogliamo citare, semplicemente come esempio, in una sorta di procedimento ad anello, il suo primo e il suo ultimo film.

Ne La pointe courte (1955), interpretato da un giovanissimo Philippe Noiret, un film a metà tra lirismo alla Jean Vigo e neo-realismo italiano, troviamo alcuni frame che sono montati come se fossero dei veri e propri scatti fotografici.

Frame dal film “La Pointe Courte”, 1955, Agnès Varda

Immagini in movimento che però scolpiscono molto bene l’istante singolo, la fatuità del momento. Quasi a intervallare e accavallarsi con i “frammenti di un discorso amoroso” (citiamo Barthes) rimasto totalmente inconcluso ed inespresso per i protagonisti della pellicola.

Nel suo ultimo lungometraggio, il documentario Visages, Villages (2018) la regista si lascia trascinare, invece, in un viaggio on the road su e giù per la Francia col fotografo francese JR.

Frame dal film “Visages, Villages”, 2018, Agnès Varda

Ed è qui che questi due girovaghi che hanno sbarcato il lunario (JR è un noto artista che utilizza come sua peculiarità il collage fotografico) entreranno nelle vite delle persone comuni, raccogliendo impressioni, sogni e speranze infrante di una provincia spesso ignorata ma che non muore mai per sempre.

Un vero e proprio testamento spirituale, che acquisisce un significato ulteriormente stratificato dall’emblematica visita alla tomba di Henri Cartier-Bresson: un infinito tendersi a quell’ “istante decisivo” che, probabilmente, raccoglie in maniera intimistica la sua (e la nostra) esistenza.

Simone Bellitto

Animals. Steve McCurry.

Steve McCurry
Milano. MUDEC – Museo Delle Culture.
via Tortona 56
mudec.it
Fino al 31 Marzo 2019

ANIMALS di Steve McCurry – foto di Gabriella Ricifari

Se vi trovate a Milano e riuscite a ritagliarvi due ore libere, vi consigliamo di andare al MUDEC PHOTO, il nuovo spazio espositivo del Museo delle culture, che dal 16 dicembre 2018 al 31 marzo 2019 ospita la mostra ANIMALS di Steve McCurry.

Il fil rouge che lega i 60 scatti di questa mostra è infatti l’indissolubile e reciproco rapporto che lega l’uomo e gli animali, analizzato sotto vari aspetti, da quelli più tragici come l’inquinamento e lo sfruttamento a quelli più poetici e ironici.

Questo progetto espositivo nasce nel 1992 quando McCurry documenta il disastroso impatto ambientale prodotto dalla Guerra del Golfo. In quella occasione il fotografo cattura alcune delle sue immagini più iconiche, come i cammelli che attraversano i pozzi petroliferi in fiamme e gli uccelli interamente cosparsi di petrolio. Questo lavoro gli varrà il prestigioso World Press Photo Award.

A queste immagini dure si alternano altre più soavi o ironiche , come quelle che ritraggono gli animali in posa con i loro padroni e che testimoniano l’affetto che l’uomo riversa sul suo “pet” qualunque esso sia (celebre ad esempio la foto del cane fashion tinto di rosa ad Hollywood o quella del serpente indossato a guisa di collana dal suo padrone in un supermercato americano)
“Io mi sono sempre occupato degli uomini e del loro comportamento” spiega McCurry nel corso della conferenza stampa, “ma mi sono accorto ad un certo punto della mia vita che molte delle fotografie che avevo scattato ritraevano animali e mi ha iniziato ad interessare che tipo di correlazione ci fosse tra loro e l’uomo”.

ANIMALS ci invita così a riflettere sul fatto che non siamo soli in questo mondo e che, sebbene esseri umani e animali condividano la medesima Terra, solo noi uomini abbiamo il potere necessario per difendere e salvare il pianeta.

Gabriella Ricifari

Valentina Di Mauro per IMAGOphotoTALK! 12 Febbraio 2019

Ah! …l’amore! ❤

L’Associazione ImagoZero oggi lo festeggia con alcune immagini del primo IMAGOphotoTALK, una nuova serie di incontri gratuiti di cultura fotografica!

Perchè?!

Beh! Di motivi ne abbiamo tanti!

Pochi giorni fa abbiamo ospitato con enorme piacere una bravissima fotografa catanese, che ha un nome perfetto per l’occasione! Durante due intense ed interessantissime ore di talk, Valentina Di Mauro ci ha presentato il suo lavoro, le sue ricerche e raccontato la sua passione per la fotografia; ci ha mostrato come racconta con le sue immagini le storie ed i sentimenti e ci ha fatto innamorare del suo modo di vedere il mondo attraverso l’obiettivo! Più amore di così…!


Valentina si presenta così:

“Volevo fare la fotografa / Faccio la fotografa.

Mi sono laureata in fotografia a Catania.

Vado in giro quasi sempre vestita di nero e con i capelli regolarmente scompigliati. Da 10 anni fotografo storie, di matrimonio, di famiglia, di strada, di gente che conosco e di gente che non ho mai visto. Fotografo facce, sentimenti, roba che quasi mi commuove e roba che mi fa ridere, attimi di vita vera.

Rovisto nell’ordinario per cercare tutto lo straordinario che mi serve per stupirmi della vita, degli affetti, dei legami.

Tutta la mia vita ruota attorno alle parole: fotografia, postproduzione, mostre fotografiche, libri di fotografia, viaggi fotografici, instagram, cinema.”


Trovi i suoi lavori su:

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Alexander Rodchenko. Revolution in photography.

Alexander Rodchenko
Palermo (PA). Real Albergo dei poveri.
Corso Calatafimi 257
www.mostrarodchenko.it
Fino al 23 settembre 2018

Alexander Rodchenko. Production of a Truck, 1929.

“Se si desidera insegnare all’occhio umano a vedere in una nuova maniera, è necessario mostrargli gli oggetti quotidiani e familiari da prospettive ed angolazioni totalmente inediti e in situazioni inaspettate.”
È il “Metodo Rodchenko”.

Il padre della fotografia sovietica ha dato forma a uno stile e a un linguaggio visivo del tutto unici. Rodchenko gioca con composizioni in diagonale, prospettive scorciate, punti di ripresa insoliti dal basso verso l’alto e viceversa. Un dettaglio ingrandito racconta più di un personaggio, il particolare di un’architettura, narra una città in movimento.

La mostra, ospitata al Real Albergo dei Poveri di Palermo, nelle sale adiacenti agli spazi occupati dall’esposizione sul reporter Robert Capa, presenta una selezione di oltre 150 fotografie.

Giuseppe Di Gregorio

Alexander Rodchenko. Ragazza con Leica, 1934.

Z – Nikon e la battaglia mirrorless

Dall’altra parte del mondo, qualche ora fa, Kazuo Ushida toglie i veli sugli ultimi gioielli di casa Nikon.

I tempi del dominio del mercato da parte dei colossi come Canon o Nikon sembrano ormai lontani.

I grandi del Digital Entertainment come Sony hanno dimostrato ancora una volta come siano capaci di penetrare e dominare un mercato che sembrava apparentemente saturo : quello DSLR.

Il mondo delle fotocamere mirrorless affascina il sogno di ogni fotografo amatore o professionista : avere una fotocamera leggera, discreta, compatta ma con prestazioni top.

Nikon propone finalmente due mirrorless, candidabili sostitute ai top di gamma reflex :

Nikon Z7 e Nikon Z6

Il paragone con D850 e D750 è inevitabile, le nuove mirrorless sono infatti equipaggiate con sensore FX per dirla in nikoniano (fullframe).

Quasi imbarazzante come la nuova Z7 assomigli alla Sony A9.

Queste nuove “api” giallonere sembrano quasi mimare il fastidioso ronzio proprio con la pronuncia della lettera: “Z”eee

Sarà stata una scelta casuale?

Dalla stabilizzazione a 5 assi ai nuovi formati di schede ultraveloci ci aspettiamo il meglio come sempre da tradizione Nikon.

Vediamo in questo Hands-on molto dettagliato cosa ne pensano gli amici di DPReview !

Daniele Musso